E’ SPARITO UN MONUMENTO
    Che fine ha fatto il monumento al coltivatore? Monumento, dal latino "monumentum" deriva dal verbo "monere", "ricordare", propriamente "cosa che serve come ricordo, come perenne memoria" nell’accezione "i resti, le vestigia di una civiltà scomparsa".
    Questo recita qualunque Dizionario della Lingua Italiana; il monumento è fatto per restare, è per i posteri salvo alcuni buttati giù per motivi politici (una guerra persa, un sistema politico sconfitto).
    Non sembrerebbe il nostro caso anche se forse di una battaglia si è trattato, quella tra la cultura contadina che per secoli ha nutrito il nostro paese e la cultura scritta, quella letteraria, quella dei drammi, delle farse, perché no, delle commedie, sì, del Teatro, del Cinema che si è impossessata di Apricale.
"L’AGRICOLTORE APRI’ LA TERRA E LA TERRA COMINCIO’ A BATTERE CON IL CUORE DELL’UOMO"
    Così recitava il testo alla base del monumento inaugurato in gran pompa il 4/11/1969 alla presenza di numerose autorità, ministri, onorevoli e moltissima gente entusiasta.
    L’opera, dello scultore Antonio Mungiguerra era composta da attrezzi contadini (un aratro, un magaglio, una falce, un "dagliu", una ruota di frantoio, una "ramauira", che tendendo al cielo simboleggiava quanto il LAVORO DELLA TERRA elevasse l’UOMO. La frase dell’ottimo poeta apricalese Claudio Nobbio sottolineava ancora meglio il valore della civiltà contadina.
    Leggo da un giornale dell’epoca che << Nel prendere la parola il Ministro si è congratulato con quanti hanno preso l’iniziativa di erigere ad Apricale un monumento di così alto significato sociale ed umano. E’ una cosa che si dovrebbe fare anche in molti altri posti in quanto il coltivatore della terra merita la riconoscenza di tutto il Paese per essere rimasto fedele ad un lavoro duro e faticoso. Quelli che sono rimasti hanno compiuto un atto che non possiamo chiamare eroismo per non peccare di dannunziana retorica. >>
    Il manufatto, a parere di molti, non poteva considerarsi un gran capolavoro ma questo è un aspetto secondario, l’importante era il significato, il simbolismo, dopotutto anche il famoso Altare della Patria a Roma è considerato da molti critici discutibile e mediocre.
    Ma di punto in bianco, quasi da un giorno all’altro l’opera è sparita e oggi al suo posto c’è un libro aperto ma la storia del MONUMENTO durato UN MOMENTO non è per niente "chiara come un libro aperto".
Forse che l’agricoltore imbevuto della cultura con la C maiuscola che ci è stata propinata in questi ultimi anni non "apre più la terra" ma apre libri ??
    Intanto le fasce si riempiono di "sbuire" e di "ruvei". !!
E’ questo il problema !! Prima l’arte, perché gli artisti non sanno fare i contadini a parte qualche caso sporadico, era in funzione della cultura locale (vedi affreschi, quadri di Barbadirame, monumento all’agricoltura, feste popolari ecc. ecc. oggi la cultura contadina non interessa più, siam diventati signori, siamo in grado di seguire Shakespeare, di apprezza-  re Picasso, di ascoltare musica seria……..
Ma sarà proprio così ??
    E se anche fosse che la nostra cultura è migliorata dobbiamo forse vergognarci delle nostre origini ??
A Pigna con una ricerca accurata di reperti antichi, di usi e costumi dei nostri vecchi hanno messo su un ottimo museo della civiltà contadina che fa onore a tutti i pignaschi.  Antonio Rubino, il grande disegnatore baiocco che dalle campa- gne in Osaggio, sotto monte Bignone trovava spunti per le sue storielle nei personaggi locali, già agli inizi del secolo scorso amava ripetere uno dei suoi motti preferiti:  "MA VATTE A PIGLIAR ÜN MAGAGLIU" !!!

IL PALLONE ELASTICO

     Il gioco del pallone elastico ha origini remote nelle valli del Ponente Ligure e del Basso Piemonte. Qualcuno lo vuole paragonare alla pelota basca, ad un gioco di pallone giocato con le mani che si vede in alcune zone del brescia- no e del bergamasco. Il gioco del bracciale che si trova in Toscana ha avuto fra i suoi campioni giocatori di pallone elastico ed era giocato a Torino fino agli anni ’40.
     Può darsi che l’origine sia comune, quello di lanciare, riprendere e ributtare, calciare, tirare oggetti tondeggianti ha un qualcosa di ancestrale e fa parte dell’istinto di tutti gli esseri viventi.
    Comunque nella versione della palla a pugno (pallone elastico) è presente solo nelle zone anzidette e cioè le pro- vincie di Cuneo, Asti, Alessandria ed Imperia.
    Le piazze dei nostri paesi, raccoglievano in occasione dei tornei estivi un pubblico numeroso e fedele già nel seco- lo scorso e agli inizi di questo molte società, dotate di regolamenti, di divise, di gagliardetti ecc. si sfidavano in partite dense di agonismo da far invidia al calcio odierno.
    Apricale aveva squadre di ottimo livello che si battevano con onore nei tornei locali, pur con un campo meno bello rispetto ai paesi viciniori quali Isolabona, Dolceacqua, Camporosso per non parlare dei sferisteri.
     Infatti il campo sportivo era la piazza del paese e quella di Apricale risultava più corta, con una forma irregolare e con difficoltà per sia per il battitore che per la spalla a causa di una strettoia nella zona di ribattuta.
     E qui bisogna fermarsi un attimo a spiegare le principali regole del gioco.
     La squadra (quadretta) è formata da quattro elementi, un battitore, una spalla e due terzini. Il punteggio è, anche se con minime differenze quello del tennis (quindici, trenta, quaranta, punto). Non c’è la rete, ma una sorta di rete im- maginaria e mobile che cambia nel corso della partita in rapporto a dove i giocatori fermano la palla non più giocabile avendo già battuto due volte per terra. Il punto ove la palla viene fermata ( la caccia) è segnato e all’inversione di campo che in questo gioco avviene molto sovente (tutte le volte che ci sono due “cacce” o anche una sola quando una squadra ha “quaranta” di punteggio parziale, il battitore con l’aiuto della spalla e dei terzini deve fare in modo che il pallone si fermi al di là di quella striscia o rete virtuale segnata dalla “caccia”. Questo determina il punteggio insieme ai “falli”, (toccare la palla con una parte del corpo diversa dall’avambraccio, buttare la palla al volo al di fuori del cam- po di gioco) ed ai “cieli” (la palla non è trattenuta in campo dalla zona di battuta o da quella di ribattuta).
     Il pallone è fatto di lattice di gomma molto duro, pesa 190 grammi e viene colpito col pugno chiuso protetto da bende, pezzi di cuoio e quant’altro serve per indurire e proteggere la parte destinata a colpire la palla affinché la stessa prenda forza e velocità.
    Il rito della bendatura ha un’importanza anche scaramantica nel contesto della gara e viene fatto con particolare attenzione ed impegno da parte dei giocatori.
    E’ uno sport molto popolare che coinvolge le popolazioni tutte ma tra i suoi appassionati ci furono e ci sono ancora personaggi famosi che vanno da Goethe che ne parla nel suo “Viaggio in Italia” a Edmondo De Amicis, dal tenore Tamagno ad Arrigo Boito da Giacosa a Cesare Pavese a Beppe Fenoglio,  Arpino, Ormezzano, Franco Picci- nelli e poi Giolitti, Einaudi e il Principe Umberto di Savoia ultimo Re d’Italia.
    Riferendoci ad Apricale in particolare c’è da notare la presenza da sempre di giocatori di ottimo livello nell’ambito locale con, in questi ultimi anni, addirittura un pluricampione italiano di serie A nonostante le difficoltà per la piazza e per il maggior successo che sembra avere fra i giovani il calcio.
    Questa predisposizione degli apricalesi al gioco de “U BALUN” penso sia dovuto alla presenza di un mini-campo  che ha sfornato decine e decine di piccoli campioni.
    Questo campo minuscolo è “U CUTRUN”, la parte iniziale del caruggio che circondando tutto il vecchio borgo sta alla base del Castello medioevale. “U Cutrun” dal significato incerto era una casupola posticcia, usata per riporre legna e aggeggi da lavoro posto in una strettoia e che per la sua conformazione e posizione si prestava alla battuta iniziale del gioco questa volta a mano e non col pugno.
    Il pallone veniva tirato con violenza e con malizia sul tetto e il ribattitore (la spalla) si vedeva spuntare all’improv- viso la palla da respingere. Ne seguiva un gioco di battuta e ribattuta che necessitava di un’agilità incredibile da parte di tutti i giocatori e che ha determinato generazioni di atleti abili, agili, veloci e dotati di una malizia importantissima nelle partite più della forza bruta non supportata dall’astuzia.
    Per questa ragione le squadre di Apricale era imbattibili sul loro campo e temibili fuori casa.
    Oggi “U cutrun” è sparito. La ristrutturazione del castello ha decretato la sua morte definitiva.
    Al suo posto c’è un panca in pietra che chissà perché non accoglie mai nessun viandante stanco.
    Per la verità è stato messo un pezzo di legno sul quale tirare la palla per il gioco ma non è la stessa cosa, chi sta alla “ribattuta” se la vede arrivare non c’è più la sorpresa.
    Son passato di lì oggi, ho sentito un brusio, gente che protestava, qualche imprecazione, mi sono voltato pensando di vedere le decine di persone sedute sulla scalinata a fare il tifo. Non c’era nessuno, chi mugugnava erano tutti quelli che han lasciato in quei pochi metri litri di sputo, di catarro per marcare le “cacce”, pezzi di pelle nel muro del castel- lo, sudore e sangue e bestemmie e ginocchia sbrecate e gomiti sbrecati, immolati a “U CUTRUN”che non c’è più.
    Dubito che quel pezzo di legno, già mezzo marcio dopo una sola stagione alle intemperie, faccia sorgere i campio- ni  che si sono succeduti su questo acciottolato di Liguria chiamato per secoli “u caruggiu de Pecastèl” divenuto oggi “Via Martiri” riferito però ai Martiri della Libertà Italiana !!!

MADONNA MIRACOLATA

     Strane cose succedono ad Apricale. Un'antichissima statua della Madonna ha cambiato corpo; costituito da una struttura di legno grezzo, si è trasformato in un busto di gesso. Mistero assoluto sul come e sul quando.
    Con la fine del Millennio e l'inizio del nuovo i messaggi apocalittici si son fatti sempre più frequenti.
    Era prevedibile ma desta pur sempre qualche interesse antropologico osservare questo millenarismo che pervade la società con un aumento delle apparizioni, delle Madonne piangenti, dei miracoli eclatanti tanto da comportare una rivisitazione della presenza del soprannaturale nella vita moderna.
    La Chiesa ufficiale cerca naturalmente di mantenere le dovute distanze usando particolare cautela nel confermare quello che non è ancora sotto il suo completo controllo, quello che non riesce a gestire direttamente ma con il Gran- de Giubileo è pronta a cavalcare un movimento che lascerà un segno del suo passaggio.
    I l popolo è invece più propenso a lasciarsi trascinare forse anche per quel bisogno di aggrapparsi comunque a qualcosa tipico dei momenti di crisi o delle fasi epocali.
    Ancora pochi decenni fa le apparizioni mariane si limitavano alle regioni di forte presenza cattolica mentre oggi,
nel villaggio globale, manifestazioni miracolose spuntano un pò da tutte le parti: nei paesi ex comunisti così come in Africa, negli Stati Uniti o nel caso dell'Italia  in zone particolarmente laiche.
     Le migliaia e migliaia di persone che si raccolgono nei luoghi delle presunte apparizioni in attesa del miracolo, la promessa di guarigioni eclatanti che santoni, più o meno facenti parte della gerarchia ecclesiastica, promettono,  hanno montato una cultura del miracolo sorprendente in un mondo che sembrava pervaso dal razionalismo più profondo.
     Tutta questa premessa per constatare come, al moltiplicarsi dei miracoli si possa dare una spiegazione millena- ristica. Più difficile sembrerebbe la spiegazione di quello che è accaduto ad Apricale e che ha determinato un titolo così curioso.
     Ma veniamo ai fatti !! Esistono ad Isobona e ad Apricale da tempo immemorabile due statue della Vergine molto simoli e con una caratteristica comune. Sono vestite con abiti di vera stoffa che può essere rimossa per la pulizia o per piccoli rammendi. Quella di Isolabona si trova sulla provinciale per Pigna in un bellissimo santuario a Lei dedicato e deve essere miracolosa in quanto si notano degli "ex voto". Per quella di Apricale non si hanno notizie di miracoli ma, come vedremo, è essa stessa miracolata !! La statua, interessante artisticamente, rappresenta la Vergine col Bambino e la sua collocazione era in un armadio, senza i vestiti e coperta da un lenzuolo bianco per proteggerla dalla polvere.
     Veniva addobbata, a cura delle prioresse o comunque donne nubili, per le feste patronali del paese, il 2 febbraio (Candelora) e l'8 settembre (Madonna del Rosario). La struttura consiste in un tronco di legno grezzo che verrà coperto dal vestito mentre il viso e le mani, una che sorregge Gesù Bambino l'altra che porta una candela o un rosario a seconda della festa, sono pure di legno ma di pregevole fattura.
     E' meglio dire consisteva perché anche Apricale, che non vuol essere da meno in questo passaggio epocale, ha avuto il suo piccolo o grande, chissà, miracolo.
     La Vergine, che usciva solo due volte l'anno per incontrare generazioni e generazioni di apricalesi devoti e fidenti, è ora posta in un altare laterale sempre pronta e disponibile a ricevere le invocazioni del suo "popol fedel…." fornita però, MIRACOLO !!!!, di un corpo intero e pure di gesso.
     Un corpo a dir la verità non troppo femminile, di un colore non molto virgineo (tanto col vestito non si vede !!!) ma la cosa più sorprendente è che nessuno ne sa niente.
     L'abitudine al miracolo non ha causato stupori, l'incredulità, il raziocinio non fanno più parte del nostro modo di pensare, lo scetticismo o almeno il bisogno di capire, la curiosità o la giusta ricerca su causa ed effetto non sono più di casa tra noi.
     Parroco, Belle Arti, Commissione per l'Arte Sacra, altre volte così presenti e interessate per motivi molto più banali, sembrano ora essersi volatilizzate, inesistenti. Regna l'omertà più assoluta !!!! Nessuno ha fatto niente !!! Nessuno ha visto nulla !!!!
     E' successo……. Ringraziamo il Signore !!!!
     Chi, come, quando, dove, perché ??? …… LodiamoLo e ringraziamoLo ...... hodie et in seculum seculi. Amen!!!
     Ho scritto tutto questo perché a me fa pena la povera testa, santa ma priva del corpo che è servito alla Madonna, testa sacrificata per cotanto miracolo e fatta sparire in chissà quali meandri.
     Ed a questo Santo sconosciuto e misterioso,  privato del corpo per manomettere, oserei dire in modo sacrilego se oggi questa parola avesse ancora un qualche significato, la più antica, la più pregevole, la più venerata icona della Santa Vergine presente in Apricale, rivolgo una preghiera sincera non per me ma per il mio paese, per questo paese  che avrebbe tanto bisogno di pulizia ed onestà.